Nella teologia più spazio alle donne Verso la tradizione «fedeltà creativa»
di Riccardo Maccioni in “Avvenire” del 25 novembre 2022
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di Riccardo Maccioni in “Avvenire” del 25 novembre 2022
Una bella riflessione di Enzo Bianchi
Nell’incontro con i membri della Commissione teologica internazionale, istituita da Paolo VI nel 1969, il Papa parla di fedeltà creativa alla Tradizione ed esorta ad “assumere con fede e con amore” l’impegno ad esercitare il ministero della teologia attraverso un processo di sinodalità ecclesiale da cui possa scaturire “la capacità di ascoltare, dialogare, discernere”
La Tradizione fa crescere la Chiesa dal basso verso l’alto, come le radici con l’albero. Ma oggi c’è un grande pericolo: quello di andare indietro, “l’indietrismo”, che porta a pensare secondo la logica: ‘si è fatto sempre così’. Indica questo rischio Papa Francesco incontrando in Vaticano i membri della Commissione teologica internazionale che, dice, “continua, con impegno rinnovato”, il suo servizio “nel solco tracciato dal Concilio Vaticano II”. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Il Pontefice, parlando a braccio, esorta anche i teologi ad “andare oltre”. Mentre il catechista, sottolinea, deve trasmettere ai bambini “la dottrina solida” e “non le eventuali novità”, il teologo “si arrischia ad andare oltre, e sarà il magistero a fermarlo”. Per i professori di teologia, ha aggiunto il Pontefice, è un buon criterio “domandarsi se le lezioni di teologia provocano stupore in coloro che le seguono”. Rivolgendosi ai membri della Commissione teologica internazionale, Francesco esorta poi “aumentare il numero delle donne, non perché siano di moda, ma perché hanno un pensiero diverso dagli uomini e fanno della teologia qualcosa di più profondo e anche di più saporito”.
La fedeltà creativa alla Tradizione, l’opportunità di aprirsi con prudenza all’apporto delle diverse discipline e la collegialità. Sono queste le “tre direttrici di marcia” indicate da Papa Francesco alla Commissione teologica internazionale, giunta al decimo quinquennio di attività. La prima è quella della fedeltà creativa alla Tradizione:
Si tratta di assumere con fede e con amore e di declinare con rigore e apertura l’impegno di esercitare il ministero della teologia – in ascolto della Parola di Dio, del sensus fidei del Popolo di Dio, del Magistero e dei carismi, e nel discernimento dei segni dei tempi – per il progresso della Tradizione apostolica, sotto l’assistenza dello Spirito Santo, come insegna la Dei Verbum (cfr n. 8). Benedetto XVI descrive infatti la Tradizione come «il fiume vivo nel quale sempre le origini sono presenti» (Catechesi, 26 aprile 2006); così che essa «irriga diverse terre, alimenta diverse geografie, facendo germogliare il meglio di quella terra, il meglio di quella cultura. In questo modo, il Vangelo continua a incarnarsi in tutti gli angoli del mondo, in maniera sempre nuova».
La seconda direttrice concerne “l’opportunità, al fine di realizzare con pertinenza e incisività l’opera di approfondimento e di inculturazione del Vangelo, di aprirsi con prudenza all’apporto delle diverse discipline grazie alla consultazione di esperti, anche non cattolici”:
Si tratta – l’ho auspicato nella Costituzione Apostolica Veritatis gaudium – di far tesoro del «principio dell’interdisciplinarietà: non tanto nella sua forma “debole” di semplice multidisciplinarità, come approccio che favorisce una migliore comprensione da più punti di vista di un oggetto di studio; quanto piuttosto nella sua forma “forte” di transdisciplinarità, come collocazione e fermentazione di tutti i saperi entro lo spazio di Luce e di Vita offerto dalla Sapienza che promana dalla Rivelazione di Dio».
La terza direttrice, indicata da Papa Francesco, è quella della collegialità:
Essa acquista particolare rilevanza e può offrire uno specifico contributo nel contesto del percorso sinodale 2021-2024, in cui è convocato tutto il Popolo di Dio. Lo sottolinea il documento elaborato in proposito, nel precedente quinquennio, su La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa: «Come per qualsiasi altra vocazione cristiana, anche il ministero del teologo, oltre ad essere personale, è comunitario e collegiale. La sinodalità ecclesiale impegna dunque i teologi a fare teologia in forma sinodale, promuovendo tra loro la capacità di ascoltare, dialogare, discernere e integrare la molteplicità e varietà delle istanze e degli apporti».
I membri della Commissione teologica internazionale si sono riuniti in sessione plenaria per approfondire tre temi: l’antropologia cristiana di fronte alle sfide culturali contemporanee, il primo Concilio ecumenico di Nicea e l’attualità del suo dogma, l’impronta divina della creazione e la custodia umana del creato. Presentando la Commissione, il cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer ha sottolineato che “si è mantenuta la presenza qualificata delle teologhe, rafforzata nei tre precedenti quinquenni, segno di un sempre più crescente impegno delle donne nell’ambito delle scienze teologiche”. Tra i membri di questo organismo, ha aggiunto il porporato, è presente anche un teologo laico.
Di Andrea Lebra
Mi è capitato di recente di dialogare con un gruppo di presbiteri sul tema Sinodalità:
modello di Chiesa. Ad un certo momento, uno di loro mi chiede a bruciapelo: «Che cosa,
a tuo giudizio, concretamente dovremmo fare – tutti insieme, noi preti e voi laici – per
contribuire a mettere davvero al bando il clericalismo che, in sostanza, è il corrispettivo
della mancanza di sinodalità nella Chiesa e che papa Francesco continua a denunciare
come una perversione?».
Una lettura al femminile di Dei Verbum 8 sulla Tradizione
nella chiesa. Il Concilio Vaticano II evidenzia la
presenza di un approccio al femminile attraverso due
donne del Nuovo Testamento. Da un lato Maria di Nazaret
la cui caratteristica di conservare nel cuore le parole
del Figlio indica la dinamica della Tradizione della
chiesa, dall’altro lato la donna della parabola matteana
che mette il lievito in tre staia di farina, aspettando che
tutta fermenti. Come mai, però, la “memoria” di questa
donna è scomparsa? Proprio a partire dalla metafora
della donna e del lievito si può passare a un significativo
recupero del femminile nella chiesa e a un affrancamento
della donna da persistenti pregiudizi verso la riscoperta
e il riconoscimento del ruolo della donna nella
chiesa..
Pochi sanno che il 10 settembre in tutto il mondo si celebra la giornata per la prevenzione del suicidio, istituita nel 2003. Secondo l’International Association for Suicide Prevention (IASP), associazione internazionale – affiliata all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, in inglese WHO) –, che si occupa di questo problema, ogni anno nel mondo i suicidi sono responsabili di oltre 800.000 morti: un suicidio ogni 40 secondi, e sono la terza causa di morte tra i ragazzi di 15-19 anni.
Il Trasumanesimo, come movimento intellettuale e culturale, si propone l’alterazione della condizione umana attraverso la ragione e le scoperte delle cosiddette scienze evolute (ingegneria genetica, cibernetica, robotica, nanotecnologia e le tecnologie dell’informazione), allo scopo di far progredire l’uomo verso un più perfetto (o perfettibile) stato di esistenza, uno stato in cui l’uomo non solo sarà padrone della propria vita biologica, ma raggiungerà anche quello stato di immortalità virtuale in cui la morte verrà sconfitta.
Questo progetto transumanista sfida così radicalmente le fedi e le credenze di quasi tutte le maggiori espressioni religiose mondiali che finora si erano considerate per lo più immuni dalle recenti proposte scientifiche.
L’incidente si può certamente chiudere. L’occasione per riflettere, invece, potrebbe essere pacatamente frequentata con qualche vantaggio. Quanto teniamo alla Messa, nel momento in cui non abbiamo tutte le comodità a disposizione? Nel periodo forte della pandemia, il problema si è presentato con una normalità del tutto inattesa. Non si trattava della circostanza del tutto occasionale in cui mancava il luogo adatto. Il luogo c’era, ma la sua normale frequentazione costituiva una condizione permanente di rischio, che la comunità non poteva sottovalutare. Possiamo discutere sui dettagli (allora tutti, però, erano costretti a improvvisare sull’incerto, a fronte di certezze obiettivamente drammatiche). Ma l’obbligo della prudenza era giustificato.
Molti preti sono rimasti comprensibilmente paralizzati. Qualcuno ha cercato una linea di resistenza nella concelebrazione fra sacerdoti, o per pochi intimi. E qualcuno si è pure inventato delle estrosità assai più imbarazzanti (come la lavanda dei piedi delle sedie).
Devo dirvi la verità: a distanza di tempo, anche alcune trovate che al momento mi avevano precipitato nello sconforto, ora le ricordo persino con una punta di tenerezza. Tutti abbiamo visto filmati e fotografie di chiese dove il sacerdote aveva appoggiato sulle sedie le foto dei parrocchiani che non poteva ospitare fisicamente. Bene, oggi mi dico che probabilmente (senza colpa di nessuno, parlo anche per me) quei parrocchiani, dal vivo, non avevano ricevuto in così gran numero l’attenzione e l’affezione individuale che, in quel frangente, riceveva la loro immagine. La liturgia ‘ci tiene’ a noi. Non semplicemente perché le riempiamo le chiese, comunque sia: ma perché ha piacere di renderci presentabili al Signore, di presentarci e di essere riconosciuti da Lui. Nel Vangelo, ogni volta che accade, qualcuno guarisce. Fosse anche uno solo, diceva Gesù, lui (o lei) vale la festa di tutti. Nell’Eucaristia, il Signore ci incontra nel suo corpo proprio: non semplicemente attraverso il corpo d’altri. E noi sappiamo, dal Vangelo, che cosa significa essere interpellati, toccati, nutriti dal corpo del Signore. (La presenza eucaristica si chiama ‘presenza reale’, per antonomasia, per questa ragione, non perché la sua presenza nel mio fratello e sorella sia finta).
Bisogna che accada, dunque. Non semplicemente perché debba misurarsi di volta in volta sul nostro desiderio, sul nostro sentimento, sulla nostra emozione, sul nostro bisogno. Bisogna che accada, in viva memoria di Lui, fino a che Egli venga. Semplicemente.
L’epoca della Messa sottocasa, programmata per riempire tutti gli orari e tutti gli spazi della chiesa, sta per congedarsi. Non sarà da sostituire con il servizio in camera (per noi lo era già diventato). Il megaraduno dell’assemblea che riempie la chiesa o lo stadio diventerà più raro (e sperabilmente più genuino). La Messa diventerà certamente più preziosa. Il suo luogo sarà più prezioso; il suo tempo sarà più prezioso. Ci saranno più ospiti che fedeli, però: come del resto ai tempi di Gesù. E sarà bellissimo. Molti abbonati che ora fanno i difficili forse troveranno la cosa troppo scomoda, e perderanno la strada. Molti che non pensavano di avere un posto saranno stupiti ed emozionati di non essere più ‘quelli di fuori’, con Gesù che passa fra i tavoli: con tanto di foto. Certo, dovranno avere la delicatezza di indossare almeno il vestito della festa, visto che tutto il resto è gratis.
“Il cattolicesimo di domani sarà diasporico o non sarà”
intervista a Danièle Hervieu-Léger, a cura di Cyprien Mycinski